giovedì 13 novembre 2014

AMICO FRAGILE


"Amico fragile è nata così: quando ero ancora con la mia prima moglie, fui invitato una sera a Portobello di Gallura, dove m'ero fatto una casa nel '69, in uno di questi ghetti della costa nord sarda: d'estate arrivavano tutti, romani, milanesi... in questo parco residenziale, e m'invitavano la sera che per me finiva sempre col chiudersi puntualmente con la chitarra in mano. Una sera ho tentato di dire: "Perché piuttosto non parliamo di...". Era il periodo, ricordo, che Paolo VI se n'era venuto fuori con la faccenda - ripresa poi mi pare da quest'altro qui, della stessa pasta - degli esorcismi. Insomma dico: "Parliamo un po' di quello che sta succedendo in Italia..."; nemmeno per sogno, io dovevo suonare. Allora mi sono proprio rotto i coglioni, mi sono ubriacato sconciamente, ho insultato tutti, me ne sono tornato a casa e ho scritto Amico fragile. L'ho scritta da sbronzo, in un'unica notte. Ricordo che erano circa le otto del mattino, mia moglie mi cercava, non mi trovava né a letto né da nessun'altra parte: c'era infatti una specie di buco a casa nostra, che era poi una dispensa priva anche di mobili, dove m'ero rifugiato e mi hanno trovato lì che stavo finendo proprio questa canzone. 
F. De André, in Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, p. 60

E poi sorpreso dai vostri "Come sta" 
meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci, 
tipo "Come ti senti amico, amico fragile, 
se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te" 

"Lo sa che io ho perduto due figli"
"Signora lei è una donna piuttosto distratta"

In questo versetto si vede in modo chiaro come fa riferimento alla falsità degli amici che, quando ti ritrovi con uno scarso stato d'animo e che stai male, fanno finta di preoccuparsi e poi, possibilmente, non vedono l'ora di svincolarsi da te, senza pensare magari alle conseguenze. Molto spesso per questo ci ritroviamo, specie nei giovani, dinnanzi a dei casi di depressione irreversibili che  possono sfociare in suicidi con le seguenti riflessioni  del tipo  ".... ma mentre non sembrava...ecc..ecc..!!!". Faber in questi versetti fa la critica a una società che lui stesso rinnega, specie quando dice "fino a raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci" e in molti concerti cambiava la parola "arrivederci" con "anarchia".

Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli 
di parlare ancora male e ad alta voce di me. 
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo 
con una scatola di legno che dicesse perderemo. 
Potevo chiedere come si chiama il vostro cane 
Il mio è un po' di tempo che si chiama Libero. 
Potevo assumere un cannibale al giorno 
per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle. 
Potevo attraversare litri e litri di corallo 
per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci. 


E' palese che in questo pezzo del testo stia provando a dire che anche se in quel momento cascava il mondo, a loro (gli amici),  non gliene fregava nulla. Parla proprio dell'indifferenza e dei problemi di una società in crisi, così come oggi. È la riflessione sulla fragilità dei rapporti umani, ma, nello stesso tempo, sulla necessità di averne e quindi sul senso di vuoto che nasce quando questi vengono meno o restano superficiali. Il risultato è una dichiarazione di amore-odio di un borghese pentito alla propria gente.

"Certe cose non si capiscono perché sono mie personali. Evaporato in una nuvola rossa... è che, a quei tempi, io mi drogavo. La droga dei miei tempi era l'alcol: ho bevuto come una spugna fino a 45 anni."
F. De André, in Alfredo Franchini, Uomini e donne di Fabrizio De André, p. 74





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