mercoledì 26 gennaio 2011

FELICITA' O PIACERE-INFELICITA'

Sabato scorso, al post-cresima, con i miei ragazzi abbiamo cercato un po’ di parlare della “felicità” e del “piacere” a causa di tutto quello che sta succedendo in Italia con tutte queste escort che entrano ed escono dai palazzi di potere. Facendo una distinzione chiara su cosa possa essere la felicità e su cos’è il piacere ho fatto un po’ parlare i ragazzi. Gli adolescenti fanno fatica a capire che le cose materiali ti danno solo un piacere momentaneo che non ti appaga mai: l’adolescente fa finta di non capire perché è sempre alla ricerca della felicità tramite le cose materiali ma appena tiri in ballo l’amicizia, l’amico che non ti cerca, o, la fidanzata che lo lascia, allora inizia a capire che una persona è felice, solo, se si sente amata o ama, e che le cose materiali non ti appagano mai. Ecco perché l’edonista è sempre infelice. Un uomo solo è sempre infelice se attorno non si sente amato, allora cerca la felicita nella ricerca del piacere. Ecco perché il tizio del consiglio, con la testa asfaltata, paga le troie per appagarsi di quel piacere momentaneo che a modo suo lo fa felice; ma l’indomani quando inizia a dialogare con il suo Io, capisce che ancora, c’è qualcosa in lui che lo fa sentire solo e infelice. Molti studiosi dicono che l’“infelicità” è come lo zero della matematica: annulla tutto ciò che si accoppia con lei, paragonata al nulla, secondo il posto che occupa, fa esplodere le cifre e le umilia. Invece, come dice Umberto Galimberti è “percorrendo i diversi scenari culturali che si impara che il mondo è un po’ più grande e aperto di quanto lo siano le cantine buie della nostra anima, dove l’infelicità si alimenta della sua solitudine e si nutre del rifiuto della comunicazione.” E’ vivendo la vita sotto casa e non guardando dalla finestra che si è felici. E’ non mettendo l’avere al di sopra dell’essere che si è felici. E’ mettendo l’“altro” al primo posto, amandolo, e relazionandosi con lui che ti rende felice.



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